Accanimento Terapeutico

Accanimento Terapeutico: che cos'è e come si può evitarlo

Per fornire una definizione del cosiddetto “accanimento terapeutico” possiamo partire dalla posizione espressa più volte dal Vaticano. Già papa Wojtyla in una sua enciclica del 1995 definiva l’accanimento terapeutico ”certi interventi medici non più adeguati alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare o anche perché troppo gravosi per lui e per la sua famiglia. In queste situazioni, quando la morte si preannuncia imminente e inevitabile, si può in coscienza rinunciare a trattamenti che procurerebbero soltanto un prolungamento precario e penoso della vita, senza tuttavia interrompere le cure normali dovute all'ammalato in simili casi.” 1

23/3/2022 | Pillole di Bioetica
Accanimento Terapeutico: che cos'è e come si può evitarlo

Anni dopo, la normativa italiana ha provato a fornire un profilo giuridico al concetto di accanimento terapeutico attraverso la legge 219/2017, pur non citandolo mai espressamente nella norma. L’art. 2 comma 2 della Legge 219 introduce i concetti di “ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure” e “trattamenti inutili e sproporzionati”.

In sintesi, accanirsi dal punto di vista terapeutico significa che somministrare terapie in determinate condizioni non garantisce nessun tipo di beneficio all’assistito.
Per questo la legge 219 che affronta a 360 gradi il tema del “consenso informato” descrive le modalità, le responsabilità e limiti all’interno dei quali il cittadino esercita il suo diritto costituzionale alla autodeterminazione in merito alle scelte terapeutiche che lo riguardano, compreso il rifiuto delle cure.

Cosa fare se una persona rifiuta le cure?

Per prima cosa è necessario ricordare che l’art. 32 della Costituzione Italiana tutela il diritto di scelta dell’individuo in merito alle cure. Il citato articolo dice infatti: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”

Assunto questo concetto fondamentale, è altrettanto necessario ricordare che tutelare le scelte della persona malata e promuovere l’autodeterminazione è l’esito di una relazione tra l’équipe curante e il malato. In particolare l’articolo 5 della Legge 219/2017 ha introdotto il concetto di Pianificazione Condivisa delle Cure per quelle situazioni in cui una patologia risulti invalidante e cronica o sia caratterizzata da un’evoluzione con prognosi infausta. In presenza di queste condizioni è possibile stilare una sorta di patto tra i curanti e il malato che sfocia nella Pianificazione Condivisa delle Cure che il personale sanitario sarà tenuto a rispettare anche nel caso in cui la persona malata non sia più in grado di esprimere le proprie scelte.

Sempre sul tema della scelta e dell’autodeterminazione, l’art. 4 della Legge 219/2017 promuove la stesura delle DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) che nel linguaggio comune sono identificate con il cosiddetto testamento biologico.
In sintesi, un medico che si trovi al cospetto di un paziente che rifiuta le cure dovrà:

  • accertarsi che il malato abbia ricevuto le informazioni necessarie in merito alle possibilità terapeutiche, assistenziali, comprese le cure palliative;
  • nei limiti definiti dalla legge, rispettare le volontà del paziente.

Dove annotare la rinuncia o il rifiuto del paziente di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza?

Dal punto di vista sanitario il medico, una volta rilevato il rifiuto del paziente di ricevere cure, dovrà annotare queste informazioni nel fascicolo sanitario dell’assistito, fornendo adeguati riscontri anche in merito alle informazioni condivise con la persona malata.

Cosa deve fare chi non vuole accanimento terapeutico?

Attraverso la Pianificazione Condivisa delle Cure e mediante il testamento biologico, il malato comunica le proprie scelte ai curanti. Nel primo caso è sufficiente il confronto tra équipe curante e assistito purché l’esito del confronto venga registrato nel fascicolo sanitario. Il testamento biologico può invece essere redatto e consegnato presso:

  • Ufficio di stato civile del proprio comune di residenza (scrittura privata);
  • le strutture sanitarie competenti nelle regioni che hanno regolamentato la raccolta delle DAT (scrittura privata);
  • gli Uffici consolari italiani, per i cittadini italiani all’estero;
  • un notaio (sia con atto pubblico, sia con scrittura privata).

In generale però il concetto stesso di accanimento terapeutico è difficile da definire in modo oggettivo. La terminologia giuridica e scientifica preferisce orientarsi sulla valutazione di criteri clinici che possono orientare le scelte dei malati e dei medici nel capire quando le terapie risultano sproporzionate e dunque meritevoli di sospensione per la loro scarsa efficacia e per le controindicazioni rispetto ai benefici attesi.

In particolare l’art. 2 della legge 2019 descrive il perimetro all’interno del quale il personale medico deve promuovere una attenta valutazione, insieme al paziente, sulla effettiva utilità di alcuni percorsi terapeutici. Nell’articolo in questione si parla infatti di “prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte” o di “sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari”. Sono questi i casi in cui, con il consenso del paziente, è possibile il ricorso alla sedazione palliativa profonda.

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1: Lettera Enciclica Evangelium Vitae del sommo pontefice Giovanni Paolo II ai vescovi ai presbiteri e ai diaconi ai religiosi e alle religiose ai fedeli laici e a tutte le persone di buona volontà sul valore e l'inviolabilità della vita umana - Roma, presso San Pietro, il 25 marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore, dell'anno 1995, decimosettimo di Pontificato.

2: https://www.salute.gov.it/portale/dat/dettaglioContenutiDat.jsp?lingua=italiano&id=4954&area=dat&menu=vuoto

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