Virginio: vi racconto la mia esperienza con l'Hospice di Abbiategrasso

Virginio: vi racconto la mia esperienza con l'Hospice di Abbiategrasso

Il sig. Virginio è stato, insieme alla moglie Margherita, il caregiver di sua suocera, la sig.ra Pasquina. La persona malata ha usufruito dei servizi dell’Hospice di Abbiategrasso dopo una lunga esperienza in strutture pubbliche dovuta ad un’ischemia e ad una serie di complicazioni che sono andate aumentando nel corso dei mesi. Abbiamo chiesto a Virginio di raccontarci la sua esperienza di assistenza con l’Hospice di Abbiategrasso.

01/4/2021 | Racconti ed interviste
Virginio: vi racconto la mia esperienza con l'Hospice di Abbiategrasso

1) Quali dubbi ha dovuto affrontare nel momento in cui le sono state proposte le cure palliative?

Per fortuna non ho avuto molti dubbi sulla possibilità di affidarmi alle cure palliative. Io e mia moglie siamo persone abbastanza informate a riguardo e sapevamo che le condizioni dell’ammalata andavano in direzione dell’irreversibilità. Inoltre abbiamo avuto modo di incontrare, nell’ambulatorio ospedaliero gestito dall’Hospice presso l’Ospedale di Abbiategrasso, la Dott.ssa Sara Baratto, che ha valutato la situazione e molto gentilmente ci ha indicato la possibilità dell’assistenza domiciliare in cure palliative.

2) Quindi avete beneficiato dell’assistenza domiciliare?

Esattamente ed è stata la fine di un calvario. La nostra esperienza è nata circa un anno e mezzo fa quando mia suocera è stata dimessa dall’Ospedale San Carlo. È stata una dimissione protetta a domicilio con un altro ente indicato dalla rete dei servizi dell’ATS. Poi, dopo alcuni mesi, un nuovo ricovero superiore a 15 giorni con relativa sospensione del servizio domiciliare. Infine, viste le condizioni critiche e le numerose rassicurazioni, abbiamo deciso di rivolgerci all’Hospice.

3) Che cosa l’ha colpita dell’operato del personale dell’Hospice?

Tutto! Lo dico sinceramente perché ho un metro di paragone. Nei mesi precedenti abbiamo usufruito di altri servizi ma, pur essendo comunque validi, non sono come il vostro. Voi ci siete stati, sempre! E lo dico veramente perché ci avete infuso una tranquillità che ritengo fondamentale. Sin dall’inizio abbiamo capito che la vostra presenza non si sarebbe limitata all’educazione sanitaria (ad esempio cambiare il pannolone) o all’infermiere che viene a misurare la pressione. Abbiamo potuto constatare che la reperibilità era reale: nel week end siete venuti a farci visita, al telefono avete sempre risposto, di notte ci avete raggiunto quando abbiamo avuto bisogno. Penso che questo sia importante perché ci ha evitato gli accessi al pronto soccorso e ha permesso a mia suocera di restare tranquillamente in casa, migliorando la sua qualità della vita.

4) Vista la sua esperienza, cosa si sente di dire a chi si trova nella sua situazione?

Voglio dire che chi decide di assistere un paziente a casa deve essere consapevole che non è una passeggiata. Si tratta di un percorso complesso che ci obbliga a misurarci con i nostri limiti e le nostre capacità. Però è importante pesare i valori da mettere sulla bilancia, chiedersi “cos’è meglio per il paziente.” Se ci sono le condizioni e anche una sola possibilità di rendere migliore la qualità della vita del malato, allora è importante darsi da fare in questa direzione. Purtroppo le istituzioni danno poca visibilità alle cure palliative e ai servizi ad esse connessi. Ritengo che in questo tutti possano dare una mano per incrementare la consapevolezza e la conoscenza di queste opportunità. Nel mio piccolo, mentre ero in attesa in Ospedale mi sono portato delle copie dei moduli per la richiesta di attivazione delle cure palliative domiciliari e altri materiali per far conoscere le opportunità e gli aiuti offerti dalla Regione Lombardia per gli ammalati gravissimi classificati in B.1 e li ho distribuiti a chi ne aveva bisogno. L’ho fatto solo per rendermi utile e per rendere un po’ più semplice la vita di chi si trova in questa condizione.

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