Matteo, infermiere dell’Hospice, a Bologna grazie a una borsa di studio
Matteo Moscardin, classe 1984, infermiere in cure palliative. In forza all’Hospice di Abbiategrasso dal 2013, Matteo è ormai un pilastro irremovibile dell’assistenza domiciliare dell’Hospice. Ora si sta formando per essere ancora più pronto a rispondere alle mutevoli richieste provenienti dai suoi pazienti. Gli abbiamo chiesto quale corso sta affrontando e perché.
Ciao Matteo, in cosa consiste la formazione che hai da poco iniziato a frequentare?
Si tratta del Master di Cure Palliative e Terapia del Dolore che si articola in due differenti livelli. Io sono iscritto al corso di primo livello che si rivolge a quelle figure sanitarie che, ad esclusione del medico, interagiscono con le persone malate. Parlo principalmente degli infermieri, ma anche dei fisioterapisti, che scelgono di svolgere la loro professione nel campo delle cure palliative. L’attenzione è posta su aspetti innovativi e discipline emergenti che si intrecciano e tangono il mio lavoro di tutti i giorni. Mi riferisco alle simoultaneus care, alle cure palliative precoci o all’assistenza a quei malati che raramente vedo in hospice o al domicilio: persone colpite da SLA, anziani con demenza senile o pazienti affetti da Parkinson.
Alcuni di questi argomenti, ad esempio le cure palliative precoci, sono innovazioni già introdotte ad Abbiategrasso. Quando ti confronti con infermieri provenienti da altri hospice, come giudichi quello per cui lavori?
L’idea che mi sono fatto è che l’Hospice di Abbiategrasso si colloca ad un ottimo livello sia per l’aspetto organizzativo sia per quanto concerne la creazione di una rete sul territorio. Ne sono testimonianza i rapporti di collaborazione che abbiamo stretto con gli Ospedali di Magenta e Abbiategrasso che ci consentono di gestire un ambulatorio in collaborazione con il personale dell’ASST Ovest Milanese. Una reciproca contaminazione che consente ad ambo le parti di migliorare e, senza presunzione, incrementare la qualità di vita del paziente. In alcuni territori invece è il Far West, passami il termine, perché di tutto ciò che ho descritto non vi è alcuna traccia.
Dove si svolge questa formazione e quando?
Ha luogo a Bentivoglio, in provincia di Bologna, presso l’Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa. Si tratta di un corso part time dal giovedì al sabato per una volta al mese. Dura due anni e prevende un tirocinio finale di tre settimane. La particolarità di questo corso è che ci consente di frequentare diverse lezioni insieme ai medici. È un approccio straordinario e calzante per il lavoro in cure palliative dove il confronto tra membri dell’equipe diviene terreno fertile di cura e occasione di crescita personale. Non succede così di frequente in altri ambiti che infermieri e medici si scambino vicendevolmente informazioni preziose sullo stato di saluto del malato e, di concerto, lavorino ad una terapia condivisa. È questa la grandezza di questo master, oltre alle tante agevolazioni per noi studenti. L’intera struttura ricalca il modello di un campus di stampo anglosassone con stanze condivise con i colleghi, spazi in comune e tante occasioni per entrare in relazione con persone che fanno il tuo stesso lavoro.
E tu non paghi nulla, vero?
Sì, è corretto. L’iscrizione è coperta da una borsa di studio e anche gli alloggi rientrano in questa agevolazione. L’Hospice mi paga le spese di trasporto e a me resta solo il vitto. Avrei anche potuto chiedere alla direzione di farmi rimborsare pranzi e cene, ma credo che questo corso sia un’occasione che difficilmente mi avrebbero offerto in un altro contesto di lavoro. Perciò, come forma di riconoscenza, ho scelto di non pesare ulteriormente sulle casse dell’Hospice.
Non sei l’unico che sta affrontando un percorso di alta formazione. Chi altro è impegnato?
Si, la direzione scientifica dell’Hospice ha deciso di far specializzare noi infermieri in una serie di discipline. Alex Zanolini, ad esempio, sta per iniziare un Master dell’Università di Pavia per l’Infermiere specialista in Vulnologia, cioè sta concentrando gli studi rispetto al tema delle lesioni difficili. Altre colleghe, ad esempio Marieta Pistol, hanno imparato, grazie ad un Master specifico, ad impiantare degli accessi venosi centrali con l’aiuto di un ecografo portatile. Anche questo è un ambito innovativo per il mondo delle cure palliative, un settore su cui l’Hospice di Abbiategrasso ha deciso di puntare per essere all’avanguardia e per aiutare il paziente a soffrire il meno possibile durante la malattia.