Chiacchierando con Graziella: “mia figlia Sara è diventata una splendida farfalla”
“Sara ha deciso spontaneamente di venire in Hospice”. Inizia così, con una risposta che non ti aspetti, la mia intervista con Graziella, la mamma di Sara Palmadessa. La domanda è standard: “Come sei venuta a conoscenza dell’Hospice di Abbiategrasso?” ma la risposta, come l’intervista, non è affatto scontata e dà avvio ad una lunga conversazione.
Nel raccogliere questa testimonianza mi viene mente il capolavoro di Terzani “La fine è il mio inizio”, una lunga chiacchierata con il figlio Fosco che ascolta gli aneddoti di una vita inusuale. L’analogia forse matura perché chi scrive è un coetaneo della figlia di Graziella, che ci ha lascito a soli 36 anni, o magari perché Sara la vita l’ha vissuta in pieno, pur nella sua brevità.
Ha scelto di venire in hospice perché la sera prima aveva avuto un attacco epilettico e siamo finite al pronto soccorso. Sara ha capito di non aver più il pieno controllo del suo corpo e così quando ha parlato con l’infermiera Claudia, ha deciso di entrare in Hospice. Non so che cosa si siano dette ma quando le mie orecchie hanno sentito l’infermiera pronunciare queste parole “Chiamiamo l’ambulanza perché in hospice è tutto pronto: vi aspettano!” mi sono sentita sollevata. Non riuscivo più a gestire i suoi sintomi a casa, anche perché lei era il doppio di me, e poi stavo iniziando a cedere anche dal punto di vista psicologico.
Ma tu, da mamma, non sei intervenuta nella sua scelta?
No, e sono contenta di aver rispettato la sua decisione. Ho subito detto: “va benissimo, andiamo”.
Conoscevi già le cure palliative?
Avevo avuto un’esperienza con Vidas anni fa per mia mamma, ma era stato molto diverso. Sara invece era stata ricoverata in Ospedale per 10 cicli di radio, una terapia che l’ha debilitata moltissimo: è entrata che camminava ed è uscita su una sedia a rotelle. L’oncologa, pochi giorni prima di dimetterla, mi ha convocata per dirmi che non c’era possibilità di guarigione. L’ha fatto in modo freddo, distaccato e mi ha consigliato l’assistenza domiciliare in cure palliative. Non conoscevo il vostro ente e l’ho scelto solo perché è vicino a casa (lei è di Bareggio - ndr).
Chi vi ha seguite al domicilio?
Siamo rientrate dall’Ospedale martedì e già mercoledì è arrivata l’equipe al completo: medico, infermiere, OSS e fisioterapista. Sara non accettava la loro presenza e abbiamo dovuto ridurre le visite: da tre volte a settimana, si sono limitate a due. Però ero sempre in contatto telefonico con loro, qualsiasi cosa avessi bisogno, anche in piena notte. Essendo andata in pensione due anni in anticipo, ero sempre lì con lei, 24 ore al giorno. Prima lavoravo tantissimo ma dopo così tanti anni di lavoro ho sentito l’esigenza di dedicarmi interamente alla mia famiglia e di fare la mamma a tempo pieno. Sono contentissima di averlo fatto perché mio marito non era e non è in perfetto stato di salute. Ho rinunciato ad una parte dei soldi ma sono contenta di averle dedicato tutto il mio tempo sia prima della malattia che durante. Ho fatto cose che non facevo da tempo perché Sara, prima di ammalarsi, era molto autonoma e ci teneva alla sua indipendenza. L’avevamo anche aiutata a comprare una casa e ad arredarla, ma purtroppo la malattia non le ha concesso la possibilità di vivere da sola.
Ne aveva fatte molte di esperienze in questi anni?
Tantissime, davvero. Sin da piccola ha avuto molte passioni: il pianoforte, gli animali, la danza, il cinema e tutto ciò che era umanistico. Voleva addirittura prendere un’altra laurea oltre a quella Magistrale in Comunicazione. Le piaceva studiare ma anche fare sport, è stata anche campionessa dilettante di pattinaggio artistico a rotelle quando era una ragazzina. E poi le tante esperienze nel mondo del lavoro. Io lavoravo in un’azienda che organizzava congressi scientifici ed ero sempre alla ricerca di ragazze di bella presenza per fare le standiste. Lei ha iniziato con me, a 16 anni, e poi ha fatto altro: data entry, ufficio di comunicazione, fino all’ultimo impiego da Chanel.
Chanel? Un’azienda importante…
Si, ha risposto per caso ad un annuncio di una società interinale. Cercavano una centralinista e lei si è proposta umilmente nonostante la sua laurea, pur di lavorare. Inoltre il lavoro era vicino a casa. È partita così e dopo circa quattro mesi l’ha chiamata il Direttore del personale e l’ha assunta con il ruolo di assistente alla direzione. Sara era entusiasta del suo lavoro e anch’io, dopo che lei si è ammalata, ho apprezzato aspetti di questa azienda che non conoscevo. Investono molto in CSR (acronimo che in italiano si traduce con Responsabilità Sociale d’Impresa), hanno ad esempio una polizza che tutela i dipendenti in caso di malattia, anche oncologica. E poi c’è l’umanità delle persone che vi lavorano. Hanno sempre fatto sentire la loro presenza e di loro spontanea volontà hanno omaggiato con prodotti Chanel tutte le operatrici dell’Hospice. So inoltre che diversi colleghi hanno fatto una donazione a vostro favore. Sono molto umani e in questo vi somigliano molto.
Grazie, ma nell’esperienza che ha vissuto con noi ha qualcosa da suggerire?
Umanamente e professionalmente non posso davvero farvi nessuna critica. Anche il cibo era ottimo e Sara ha voluto fare personalmente i complimenti a Luca, il cuoco, che è stato chiamato nella sua camera per conoscerla. I letti però potrebbero essere migliori! Mi rendo conto che costino decine di migliaia di Euro ma sarebbe importante che fossero tutti dotati di sollevatori per consentire la migliore mobilità ai pazienti che non ce la fanno da soli. Inoltre alcuni malati tendono a scivolare su quel tipo di letto nonostante l’impegno del personale che con i cuscini fa miracoli. Ho cercato in tutti i modi stimolare le donazioni di amici e parenti in modo che possiate avere un’attrezzatura ancora più moderna. Un’ultima cosa, anche per migliorare la qualità della vita delle persone che affiancano i pazienti: costruite un bagno per i visitatori che abbia una doccia, così che chi passa notte e giorno da voi possa avere la dignità di sentirsi pulito.
C’è qualcos’altro che ricordi di Sara?
Amava molto la natura e gli animali. A me piace pensare che ora sia una farfalla e per questo ho voluto far posare una farfalla di cristallo sulla sua lapide. L’ho fatto anche per ricordarmi di voi, visto che è il vostro simbolo, e perché ho letto e apprezzato la vostra Mission. Per me la sua vita è stata così, intensa e frenetica prima, difficile e dolorosa dopo. Fino alla parte finale, quando la crisalide è diventata una farfalla che leggiadra si è preparata a volare via.