La Pet Therapy è davvero utile ai pazienti ricoverati all'hospice?
Giulia entra in ufficio con Margot, una Fox Terrier di sette anni dallo sguardo docile e il carattere mansueto. Lei e Giulia hanno appena finito il turno in hospice accompagnate da Carmen, la volontaria che affianca la Pet Therapist nell’attività con i pazienti. Dal 2014 infatti viene offerta l’opportunità di godere della compagnia di un animale ai pazienti che lo desiderano, un’altra possibilità garantita dalle donazioni che l’Hospice riceve quotidianamente.
Che cos’è esattamente la Pet Therapy?
Possiamo definirla una co-terapia che grazie all’animale permette al conduttore di entrare in relazione con la persona con facilità proprio perché l'animale, non avendo alcun giudizio o pregiudizio, diventa un ponte comunicativo tra persona e operatore. Per essere più corretti non dobbiamo parlare di Pet Therapy ma di interventi assistiti con gli animali. Questa precisazione è doverosa perché non tutti pets sono idonei a svolgere l’attività terapeutica e anche perché non esiste solo la terapia. L’animale viene adoperato anche per obiettivi ludico/ricreativi ed educativi. Inoltre bisogna precisare che deve essere presente una vera propria equipe per svolgere questo tipo di azioni e per proporre progetti di questo tipo. Io infatti collaboro, oltre che con la mia collega Elena Migliorini, con la psicologa cristina signorelli, la veterinaria Pamela Giudici e l'educatrice Federica Lucchina.
In quali ambiti viene usata questa forma di assistenza?
Si usa in moltissimi ambiti che afferiscono alla sfera della persona. Il terreno più fertile è certamente quello della scuola dove vengono proposte attività educative e ricreative con i bambini. Sempre in ambito scolastico, si impiegano gli animali per generare benefici a ragazzi in difficoltà o con disabilità varie e per diverse situazioni di disagio, specie nell’età dell’adolescenza. I nostri amici a quattro zampe entrano anche in carcere, negli ospedali, nelle case di cura e in qualsiasi ambito che riguardi un servizio alla persona. Si è spesso abituati a pensare che la Pet Therapy sia utile solo agli individui che hanno qualche forma di disagio, io credo invece che sia adatta a tutti perché chiunque può avere benefici dal contatto con gli animali. Spesso, infatti, il mio intervento è più sugli operatori che sui pazienti.
Perché praticarla in un Hospice, dove i soggetti non hanno speranza di guarigione?
Sono convita che il beneficio ci sia in ogni caso, indipendentemente dal fatto che le difficoltà possano essere superate o meno. Può essere un modo per prendere consapevolezza della propria condizione, accettarla e affrontarla con l’aiuto dell’educatrice. Non dobbiamo dimenticare che il mio lavoro si rivolge anche a “chi resta”, ossia i famigliari della persona malata. Molto spesso il mio aiuto si focalizza proprio su loro.
Ci sono animali più indicati per questo ruolo?
Certamente, c’è un vero e proprio elenco che comprende: cane, gatto, coniglio, asino e cavallo. Tuttavia non sono i soli, anche se le linee guida non li contemplano ho visto personalmente una struttura che lavora con i lama e gli alpaca, una specie molto diffusa in Sudamerica. Secondo il mio parere ce ne sono molti altri che si prestano bene a questi tipi di progettualità. Penso ai porcellini d’India, ai roditori in generale che per anni sono stati utilizzati per questi interventi. Personalmente ritengo che le capre siano molto utili ai nostri scopi e in equipe stiamo tentando di presentare un progetto per il loro inserimento all’interno delle linee guida.
Allo stesso tempo l’essere stato inserito nell’elenco non garantisce che quell’animale, sia esso cane, gatto, ecc.., si presti all’attività perché dipende dal carattere e dal modo di interagire che dimostra nei confronti della persona.
In hospice su quali criteri ti basi quando devi progettare un intervento su un paziente?
Io lavoro a stretto contatto con l’educatrice della struttura la quale mi suggerisce le finalità e gli obiettivi che con il mio aiuto intendiamo raggiungere. Abbiamo uno strumento che utilizziamo, si tratta di una scheda, in cui sono indicate le aspettative che ci prefiggiamo. Ad esempio possiamo intervenire per favorire il rilassamento, per facilitare una comunicazione con la famiglia oppure per migliorare la socializzazione. A fine lavoro stendo una breve relazione con le mie osservazioni.
Per ora sei venuta in hospice solo con i cani, hai intenzione di allargare la “famiglia”?
A breve porteremo anche due gatti, Baghera e Tas, oltre ai conigli Casper e Savana. Finora io ed Elena siamo venute con Margot, Tea e Ombra che sono rispettivamente un Fox Terrier, un Cocker Spaniel inglese e un meticcio. L’abbiamo fatto per iniziare e perché le persone sono in generale più abituate alla compagnia di un cane. Infatti, la religiosa Ildegarda di Bingen diceva:”Date all’uomo un cane e la sua anima sarà guarita.”
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